Emozioni live: riflessioni a mano libera

Un ulteriore articolo sulle emozioni, sulla loro funzione evolutiva? E’  stato detto praticamente tutto, è stato realizzato anche un cartone animato!

 

Questo è stato a grandi linee il mio monologo interiore guardando lo schermo del mio computer.

Paradossalmente quando si parla di emozioni c’è il rischio dell’effetto “rovescio della medaglia” che  in questo caso è proprio il non emozionare.

La storia della psicologia ci insegna quanto l’attivazione emotiva possa influire in positivo, ad esempio favorendo il processo d’apprendimento oppure in negativo quando l’elevata quota ansiosa inficia la nostra performance nell’esecuzione di un compito.

Tuttavia non è neanche di questo aspetto di cui vorrei parlarvi oggi ma vorrei condividere con voi un piccolo frammento di vita che ho vissuto e che mi ha “emozionato parecchio”.

In prima persona

Come molti italiani, due sere fa sono stata catturata dalla prima puntata sulla vita di un noto cantautore. C’è stato un momento in cui ho fatto fatica a trattenere la commozione, proprio come nel pianto a lieto fine dei film. E’ stato quando è stata trasmessa la reale prima messa in onda de “La canzone di Marinella”.

Quante emozioni si sono attivate in quel momento? Molte. Sembrava di vivere insieme all’autore la tensione per quella prima visione: il salotto con i suoi familiari concentrati nell’ascolto, per non perdere neanche una nota, una parola di quei versi. Eppure in quella sala il giudice più severo non era nessuno di loro ma lui stesso.

La scena si conclude con questo breve dialogo:

–  Hai dato dignità a quella ragazza

– Veramente l’ha sempre avuta, non ho restituito nulla

La compassione

Ecco di cosa parlo oggi, di compassione.
Compassione non come pietà, termine a volte utilizzato in modo interscambiabile. La pietà ci  predispone cognitivamente ad una situazione di superiorità: io dall’alto della mia posizione aiuto te che sei in basso. La pietà porta con sé sofferenza, difatti qual è la reazione più comune? Reagire con rabbia, con “Non ho bisogno della tua pietà!!”

La compassione invece ci aiuta a trasformare. Trasforma noi stessi, in quanto sviluppiamo coraggio nell’aprirci alla sofferenza dell’Altro e investiamo impegno nell’alleviarla. Ci predispone cognitivamente in un modo molto diverso rispetto alla pietà  proprio perché mi apro all’altro. Sento il dolore come il mio perché anch’io posso avere il tuo stesso dolore. Io sono come te, siamo alla pari.

Quanta compassione c’è in De Andrè!

Eppure questo poeta, delicato e impetuoso allo stesso tempo, trovava molto difficile provare la stessa compassione verso sè stesso.

L’autocritica

Tornando alla scena iniziale, questa difficoltà è concentrata nell’autocritica serrata di quel momento.
È davvero così necessaria l’autocritica serrata per raggiungere il proprio miglioramento e vivere in armonia con noi stessi?

Concludo l’articolo lasciando aperta questa domanda, ne riparleremo insieme tra qualche articolo.